LA
SPINA NELLA CARNE DI S.PAOLO ERA?
Propongo
il testo sottostante al link (qui) per
capire bene cos'è questa spina nel fianco o nella carne
definita da Saulo di Tarso. detto poi S. Paolo.
Leggiamo bene prima il passo che qui vi propongo. Ovviamente bisogna
leggere tutto il capitolo bene, come sempre.
Premetto
dopo aver terminato tutto lo scritto ho deciso di inserire una
premessa...
So
già che non accetterete questa versione, ma ho seguito punto per
punto la parola scritta nel testo, rimanendo chiaramente fedele
alle parole precise e al senso vero e profondo di quanto è
rivelato dal testo stesso, per quanto paradossale può sembrare la mia l'interpretazione è molto più sensata di quella proposta da
qualsiasi esegeta del passato, compreso S. Agostino e spiegherebbe
anche alcune cose, dei suoi scritti.
Bibbia CEI74:
2Corinzi 12,7-10
7 Perché
non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi
è stata messa una
spina nella carne, un inviato di satana incaricato di
schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia. 8 A
causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore
che l'allontanasse
da me. 9 Ed
egli mi ha detto: «Ti
basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente
nella debolezza».
Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori
in me la potenza di Cristo. 10 Perciò
mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità,
nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono
debole, è allora che sono forte.
Posso
dire dopo aver letto solo il testo soprastante tratto dalla Bibbia di
Gerusalemme che so di cosa parla Paolo, ma voglio leggere anche il
commento che altri fanno di questo stesso passo, prima di esporre.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Brani di difficile interpretazione nella Bibbia, I 2 Cor. 12, 7
“Perché non montassi in superbia mi è stata messa una
spina nella carne” (tpfs*)
Con questa breve nota vogliamo inaugurare
una serie di chiarificazioni che aiutino a comprendere alcuni brani
biblici importanti che, ad una prima lettura, possono apparire
difficili o addirittura incomprensibili. Essi, invece, grazie alla
luce della grande Tradizione della Chiesa ed a quella degli studi
recenti degli esegeti, si svelano nella ricchezza del loro sensi. Le
brevi note appariranno con il medesimo titolo - “Brani di difficile
interpretazione nella Bibbia” - seguito dal numero ordinale della
pubblicazione on-line sul sito (I, II, III, ecc.), poi dai versetti e
dal tema del brano in questione.
L'Areopago
Paolo parla della spina nella carne.
E' un brano importante per capire
l'apostolato di Paolo e come Paolo realizza la sua vocazione
apostolica. E' in polemica con chi non lo considera un vero apostolo.
Paolo dice: Mi costringete a dire delle cose che non vorrei dire! Se
volete saper tutto ve lo dico! Io ho avuto 14 anni fa un contatto con
la trascendenza; sono stato al terzo cielo, quasi faccia a faccia con
Dio e lì ho avuto delle esperienze, che non posso poi esprimere con
la stessa chiarezza e con la stessa vivezza con cui questa esperienza
l'ho vissuta. E' possibile che delle esperienze profonde avute con
Dio non si possano poi esprimere! Certe cose non le posso ripetere,
però la mia predicazione si basa su questo faccia a faccia con Dio,
su queste rivelazioni che ho avuto come dono diretto da Dio. Perché
questo essere al terzo cielo non mi desse alla testa, perché non
scambiassi questo dono puro di Dio con qualcosa di mio Dio mi ha
mandato un contrappeso. Paolo parla di un angelo di satana che lo
schiaffeggi, di una spina, di un fascio di spine conficcate nella
carne - che mi fanno sentire tutta la mia debolezza.
Che cos'è questa metafora che Paolo
usa “la spina nella carne”? Secondo tutti gli
esegeti moderni - e fondatamente - non è una tentazione di
sessualità, come ha interpretato S. Agostino e come a volte viene
interpretato, specialmente sulla linea della Vulgata, che traduceva
questa espressione: “una spinosità che punge la carne” (stimulus
carnis meae), che fa pensare subito alla sessualità. Nel testo greco
non c'è l'idea di stimolo. Ovviamente delle spine conficcate nella
carne si fanno sentire, ma questo è un fatto che viene dopo; non è
la spina stessa. Se la spina sta tranquillamente dove sta non è uno
stimolo, diventa uno stimolo, quando la spina viene conficcata nella
carne, quando si fa sentire…
Cos'è questa spinosità nella carne?
Da tutto l'insieme risulta che sono le
difficoltà che Paolo trova nel suo apostolato. Difficoltà esterne:
persecuzioni, fraintendimenti… e difficoltà interne, personali.
Quasi certamente collegate con uno stato fisico che impediva
l'apostolato che pure Dio gli chiedeva di fare. E quindi
probabilmente era o una malattia o una debolezza di tipo fisico. E'
quella situazione di conti che non tornano in questo senso: Paolo si
sentiva inviato da Dio a portare il Vangelo, era guidato dallo
Spirito anche nei suoi piani apostolici, faceva dei progetti
apostolici e a un certo punto le circostanze esterne e poi le
circostanze sue personali - la sua salute - non gli permettevano di
realizzarli. I conti allora non gli tornavano! E allora reagisce
secondo il suo carattere, pregando, pregando e pregando. Si rivolge
al Signore e gli dice: Toglimi questa spina! Cioè: spianami la
strada! Vuoi che faccia l'apostolo? Vuoi che annunci il Vangelo?
Dammi la possibilità di annunciare il Vangelo! Non mi mettere questi
blocchi sulla strada che tu vuoi che io percorra.
“Pregai e ad un certo punto mi disse”
(non è una visione, ma una presa di coscienza che pian piano matura
in Paolo); la risposta del Signore non è quella di spianargli la
strada. Gli rimangono tutte le sue difficoltà; ma la risposta è
questa: Ti basta il mio amore, la mia benevolenza! (più
che la mia grazia). Non è: ti basta quella grazia corroborante che
io ti do. Questa è un'interpretazione che rischia di quantizzare il
rapporto: quella grazia che ti do, ti sarà sufficiente! Per Paolo il
problema è più a monte. Gesù ti dice: io ti amo! Basta! Non ti
preoccupare di altro! Quando Paolo riesce a capire questo, si è
affidato all'assoluto dell'amore: voglio che tu sia apostolo! Ci sono
queste difficoltà che ti impediscono di realizzare quei piani che io
stesso ti ho fatto venire in mente! Va bene! C'è anche questo qua,
come fare? Pensa a me, pensa al mio amore: l'assoluto è nel mio
amore! Il mio amore che si manifesta nel mistero della morte e della
risurrezione, nel mistero della debolezza e della forza di Dio. Una
volta che Paolo riesce a capire questo… Ti basta di essere amato da
me! Ti basta questo coinvolgimento nella debolezza e nella forza del
mistero pasquale! Siamo insieme! Più debolezze ci sono e meglio è;
non perché le debolezze siano simpatiche, ma perché Paolo vede
nelle debolezze, malattie, difficoltà, quella partecipazione alla
debolezza di Dio della crocifissione. E poi attraverso questo sa che
connessa con questa c'è la risurrezione. Paolo ci dice: di fronte a
qualunque difficoltà, la risposta che lui ritiene persuasiva nel suo
apostolato è questo affidamento totale del suo apostolato a un
Cristo, non solo che provvede, ma che ama e la sua provvidenza è
frutto di quest'amore che per Paolo è un qualcosa di assoluto.
Allora, quando Paolo si sente davvero così amato da Cristo, sa di
essere accanto a lui, di essere nello stesso giro di Cristo, di poter
completare nella sua carne quello che manca alla passione di Cristo,
come dirà poi nella lettera ai Colossesi. Questo è un punto
importante per capire la vocazione di Paolo, per capire la nostra
vocazione, per capire ogni vocazione cristiana. Nella nostra
vocazione Dio ci dice di farci tutto a tutti. Dobbiamo fare anche i
nostri progetti; però il vero realizzatore del nostro apostolato, il
vero attualizzatore di noi come dono agli altri nell'apostolato è
sempre lui; è un segreto del suo amore verso di noi e verso gli
altri. Allora Dio ci dice: lasciatemi fare! Fidatevi pienamente del
mio amore! Fate tutto quello che potete, ma guardate a me, fidatevi
pienamente del mio amore e io farò. Quando Paolo riesce a capire
questo - c'ha messo del tempo! Pregai il Signore tre volte! Vuol
dire: pregai il Signore a lungo, con intensità crescente, con tutte
le mie forze - alla fine acquista luce.
(Dalla relazione “Dalla vocazione alla
giustificazione” di P. Ugo Vanni tenuta al settore Sud della
Diocesi di Roma il 20 febbraio 2003. Il testo non è stato rivisto
dall'autore)
Vediamo
di capire bene:
Il
discorso soprastante è farraginoso e non dice nulla d'interessante
se non parlare con vaghezza senza un punto cardine, ne dipanare
realmente il problema, in sostanza non sono approdati a nulla, salvo
il fatto di dire che S. Agostino ed altri si sbagliavano, però devo
muovere un accusa a questi, in difesa di S. Agostino, dico questo se
Agostino lo avete reso santo presumo che avesse una certa
comunicazione con Dio, per cui penso che forse questa sua conclusione
non fosse tanto campata per aria, e forse non è stata solo
meditazione, non solo un ragionamento, ma forse derivata da qualche
pensiero non suo.
Ora
però voglio vedere chi aveva ragione se Agostino o i recenti
studiosi, oppure nessuno di loro.
Vi
spiego cosa tratta la lettera ai Corinzi:
CEI74:
2Corinzi 12,7-10
7 Perché
non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi
è stata messa una
spina nella carne, un inviato di satana incaricato di
schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia. 8 A
causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore
che l'allontanasse
da me. 9 Ed
egli mi ha detto: «Ti
basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente
nella debolezza».
Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori
in me la potenza di Cristo. 10 Perciò
mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità,
nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono
debole, è allora che sono forte.
Vediamo
di capire alcune cose, prima di dire di cosa si tratta...
1."Perché
non montassi in superbia"
2."Mi
è stata messa un spina della carne"
3. "un
inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada
in superbia".
4."l'allontanasse
da me"
5. ""Ed
egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza
infatti si manifesta pienamente nella debolezza»
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
1."Perché
non montassi in superbia"
Per
capire di cosa si tratta bisogna capire bene cos'è la superbia.
La
superbia è un esagerata stima di se stessi, il sentirsi migliori
degli altri saper di esserlo e mettere in difficoltà, gli altri
mostrandosi il migliore per poter emergere ed essere apprezzato dagli
altri, quindi applaudito ed osannato, manifestando un atteggiamento
altezzoso e sprezzante. Ovviamente sappiamo bene che è uno dei sette
peccati capitali.
Evidentemente
Paolo capisce che questo è il suo più grande male e comprende che
quello che gli è stato dato, serve per ridurre la sua superbia al
nulla, ridimensionarlo. Evidentemente si sente sicuramente più degli
altri apostoli, oggettivamente parlando lo era, aveva studiato,
filosofia, lettere, ecc, per cui conosceva molto bene il pensiero dei
più grandi pensatori del tempo, e lui stesso era un pensatore
stimato, per cui si sentiva sicuramente superiore agli altri
apostoli, quindi capisce che Dio decide di abbassare il suo orgoglio,
la sua superbia, il suo super-io, al fine di renderlo al pari degli
altri, e come lo fa?
Proprio
agendo su questo peccato di superbia, visto che poteva rischiare
di cadere in superbia. Il fatto che dica perché non
montassi in superbia, fa capire che egli stesso si riconosce
di essere tendenzialmente superbo, autoritario e
tendenzialmente arrogante, cioè il primo della classe,
quindi si riconosce di mancare di umiltà, questo lo
comprendiamo da ciò che Dio gli da, come prova da superare.
Dio
lo fa perchè essendo un Padre premuroso vuole ottenere da
questo figlio il meglio, rendendolo più umile possibile e anche più
forte nella sofferenza, per cui avendo esso molto, in cultura ed
intelligenza, lo vuole rendere meno in altro, e far apparire in se
stesso un problema che lo rendeva debole agli occhi degli altri
apostoli, in modo che fosse al loro pari.
Come
si fa ad insegnare ad un figlio, la modestia e l'umiltà?
Si
toglie al figlio quello che ha, oppure gli si da qualcosa che lo
renda invalido in modo da farlo sentire quasi uno storpio, qualcosa
che lo deprima nel suo spirito e nella sua carne.
Ma
proprio la specifica della carne che ci fa capire di cosa si
tratta!!!
2."Mi
è stata messa un spina della carne"
"mi
è stata messa"
mettere cioè
porre, conficcare, aggiungere, collocare, inserire, immettere cioè
dentro di lui.
una
spina è intenso come un corpo estraneo, come un qualcosa
che sta nella carne, ma non appartiene alla carne e che produce
dolore come una spina, cioè una puntura, o come un coltello che
taglia la carne, che la lacera, come per esempio un dolore pungente
che agisce sulla carne del corpo, che penetra la carne, la spina ha
la forma di una punta, come un chiodo, come un ago, qualcosa che
pungola continuamente.
la
carne, di quale parte del corpo sta parlando, della carne in
senso generale, o in senso specifico, potrebbe essere inteso anche
come carne, la mente non solo le viscere, i muscoli, o le ossa,
questa carne ha un senso generale del termine, intendendo tutto il
corpo.
3.
"un
inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada
in superbia".
questa
parte è interessante, ci rivela che la spina nel fianco o nella
carne, non è un oggetto reale, ma un qualcosa che lo tortura,
continuamente, dice che viene posto, è stato messo, cioè
collocato nelle sue membra, cioè nel suo interno, dell'intero
suo corpo, non ha una collocazione precisa anche se parla di fianco,
sta nella sua stessa persona, questo di cui parla non è un peccato,
come credeva S. Agostino, ne quello che gli esegeti successivi
pensano, ma un qualcosa di diverso.
4."l'allontanasse
da me"
chiede
a Dio di allontanare da Lui questo qualcosa affinché lui
possa essere tranquillo, e poter tranquillamente agire secondo la
volontà di Dio, almeno secondo il suo pensare.
ma
il verbo "l'allontanasse da me" fa ben
capire di cosa sta parlando.
Quindi
di cosa sta realmente parlando Paolo di Tarso?
Dio
pone in S. Paolo la presenza di un demonio, che sta nella sua carne,
che lo pungola da mattina a sera, che gli fa provare tutti i pensieri
che passano nella sua mente, si comprende che così è, perché
dice una cosa, vediamo il testo:
"Mi
vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in
me la potenza di Cristo. 10 Perciò mi compiaccio nelle mie
infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni,
nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che
sono forte."
chi
è che lo oltraggia?
chi
è che lo rende infermo?
chi
è che lo rende debole nelle sue debolezze personali?
chi
è che lo perseguita?
chi
è che gli crea angoscia?
Non
certo Cristo, ma un demone si!
Dio
pone nella sua carne nel suo corpo in demone che lo schiaffeggia ogni
volta che sale in superbia, ogni volta che commette peccato, ogni
volta che ha delle debolezze che non dovrebbe avere, ogni volta viene
oltraggiato, ma questo demone fa di più, è egli stesso che gli
procura dolore, alla sua carne, ed è egli stesso che porta allo
stremo, che lo getta nell'angoscia, che lo perseguita, che
oltraggia, che lo rende storpio, e che mormora peccati, che gli
suggerisce qualsiasi cosa, pur di renderlo debole e schiavo
anche delle carne.
Quindi
ecco il discorso il demone mi schiaffeggia quando sono arrogante,
cioè quando cado nel peccato, quando sono superbo, ecc.
C'è
un parallelismo, S. Pio da Pietrelcina, quando non faceva la volontà
di Cristo, veniva percosso dai demoni, questo serviva per reprimere
il suo ego, per umiliarlo, e per fargli espiare la colpa di non aver
ascoltato il Signore per paura del clero.
Quindi
la tortura che sta nella carne di Paolo è di tipo spirituale, uno
spirito che lo tortura nella carne, nella mente, e cioè significa
che poteva cadere in qualsiasi peccato, perché tutti i peccati
portano alla superbia.
Tutti
i peccati sono una forma di superbia.
Quindi
non possiamo dire che S. Agostino non avesse ragione, ne
che avesse torto, e non si può dire che neppure i successori quelli
che negano quanto esso dice, hanno torto o ragione, hanno ragione e
torto tutti, Paolo aveva in se un demonio, questo è quello che
aveva, questo è quello che Dio gli manda nella carne, cioè dentro
il suo corpo.
La
richiesta assillante di Paolo di essere liberato da questo
essere, lo fa capire proprio dal verbo usato, "l'allontanasse" si
può leggere anche come lo
allontanasse, cioè
allontanasse da lui,
il demone.
In
pratica S.Paolo era torturato nella sua carne cioè nel suo corpo che
influiva anche nelle prostrazione della sua mente, che gli dava
angoscia. Sicuramente i fratelli hanno tentanto di liberarlo, senza
riuscirci è da qui si capisce la supplica di essere liberato, perché
si sa, prima di rivolgersi a Dio si tenta di libere la persona
mediante i mezzi che Cristo ti ha dato, se poi non ci riesci, chiedi
la grazia a Dio.
Se
non l'ottiene significa che è una volontà di Dio su di te che
questo deve essere e rimanere per te, affinché per te sia una
grazia.
5. ""Ed
egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza
infatti si manifesta pienamente nella debolezza»
il
demonio lo rendeva debole, instabile malato, ecc, e gli conservava il
peccato, lo torturava nei suoi peccati, al fine di ottenere da lui il
meglio e Dio gli dice ti basta la mia grazia, perché anche la
presenza di un entità demoniaca può essere un grazia, se letto
nella giusta dimensione, il demonio lo rendeva debole, per cui Dio
gli risponde nella debolezza tu avrai pienamente la mia
manifestazione. Pare assurdo invece non è affatto così.
"Mi
vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in
me la potenza di Cristo. 10 Perciò mi compiaccio nelle mie
infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni,
nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che
sono forte."
E
S. Paolo risponde che vuole ancora di più e si vanterà di essere
perseguitato da uno di questi, perché se è mandato da Dio, per lui
è un vanto, perché significa che su di lui vi è la benevolenza di
Dio, anche se non capisce del tutto, perché la richiesta di essere
liberato, fa capire che non comprende del tutto, il meccanismo. Non
solo, Paolo voleva addirittura di più, per avere su di se la potenza
di Cristo. Certo questo è un atteggiamento sbagliato, perché
bisogna accontentarsi di quello che Dio ti manda, non pretendere di
più, è anche questo un atto di arroganza e questo modo di parlare
dimostra che aveva degli eccessi in se.
Quindi
che fosse omosessuale non si sa, e non si può dire, anche se lo
fosse stato, certamente il demonio che aveva in se lo avrà
sicuramente perseguitato, in modo che esso non lo fosse.
In
pratica Dio voleva che paolo negasse i suoi stessi mali, e
comprendesse e ricavasse dai suoi stessi peccati, infermità
ecc, la parte migliore di se, ottenendo uno spirito veramente umile
che è il fulcro della santità.
Ci
furono dei santi, nel corso della storia che erano presi dal maligno,
per esempio la
Santa Eustochio.
Certo
che un essere preso nel corpo da uno spirito maligno, chiunque fosse,
se uno spirito carnale o uno spirito di altro genere, poco importa,
ma bisogna anche capire quanto fosse in se o fuori di se. Qui le
questioni sono difficili da dipanare quando c'è la presenza di uno
spirito in se, nella propria carne, per quanto tempo rimase o entrava
nella massima esaltazione di Dio e quanto non lo era? Non è facile
capirlo, ma forse proprio i suoi scritti ce lo possono
far capire. E quanto di quel che ha scritto è tutta parola di
Dio o di chi era?
°°°°°°°°°°°°°°°°°
Questa
spiegazione ci fa capire alcuni curiosi passi delle lettere di Paolo,
si spiegano sotto questa luce nuova molte cose dei suoi scritti, per
esempio come poteva sapere che Giovanni in Apocalisse avrebbe scritto
che un giorno un messaggero mandato da Dio avrebbe portato il vangelo
eterno e da qui si comprende che forse quella parola definita da
Paolo anatema forse era indotta non da Dio ma da qualcun altro.
Perché
è più che certo che Gesù preferisse più di ogni altro Apostolo
anche più di Pietro stesso, il giovane Giovanni, per cui certamente
il messaggero celeste è verità, ma allora se l'angelo che viene dal
Cielo è un angelo di Dio, vuoi che Dio comunichi a Paolo una parola
contro se stesso? Ovviamente no, per cui si comprende bene che quella
parola sull'anatema non appartiene a Dio, forse è dello stesso
pensiero di Paolo traviato da un demone che lo tortura notte e giorno
e che lo prostra, più o meno è la stessa cosa che accade a S.
Agostino,
il quale ebbe un rimprovero di Dio usando un angelo che venne per
avvertirlo di fermarsi, perché
quanto stava scrivendo non era opera di Dio, ma opera della sua
mente, ecco in questo passo di S.
Agostino
si può ben leggere anche l'errore di S.
Paolo,
un atto di superbia, poi preso per vero dagli uomini di Chiesa. Per
cui non si può dire che un messaggero di Dio cioè che viene dal
Cielo che per altro è rappresentativo di una dimensione celestiale,
come il Padre Celeste, può essere definito un demonio e considerato
un anatema e rifiutato, rinnegato e cacciato come fosse falso.
Quindi
quanto dei testi di S.
Paolo
sono parola di Dio?
Nessuno
lo può dire, oppure si potrebbe stabilirlo, solo che la chiesa non
ha questo interesse, per alcune ragioni ed interessi.
C'è
anche da dire un altra cosa, quanto di una persona posseduta un prete
prende in seriamente in considerazione? Poco o nulla, per ovvie
ragioni. Quindi!!