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martedì 10 dicembre 2019

SAN.PAOLO E LA SPINA NELLA CARNE


Ho ri-postato l'articolo per problemi di codice.

LA SPINA NELLA CARNE DI S.PAOLO ERA?




Propongo il testo sottostante al link (qui) per capire bene di cos'è  questa spina nel fianco o nella carne definita da S. Paolo. Leggiamo bene prima il passo che qui vi propongo. Ovviamente bisogna leggere tutto il capitolo bene, come sempre.

Premetto dopo aver terminato tutto lo scritto ho deciso di inserire una premessa... 

So già che non accetterete questa versione, ma ho seguito punto per punto la parola scritta nel testo,  rimanendo chiaramente fedele alle parole precise e al senso vero e profondo di quanto è rivelato dal testo stesso, per quanto paradossale può sembrare la l'interpretazione è molto più sensata di quella proposta da qualsiasi esegeta del passato, compreso S. Agostino e spiegherebbe anche alcune cose, dei suoi scritti. 


Bibbia CEI74: 2Corinzi 12,7-10

7 Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia. 8 A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l'allontanasse da me. 9 Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. 10 Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte.


Posso dire dopo aver letto solo il testo soprastante tratto dalla Bibbia di Gerusalemme che so di cosa parla Paolo, ma voglio leggere anche il commento che altri fanno di questo stesso passo, prima di esporre.

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Brani di difficile interpretazione nella Bibbia, I 2 Cor. 12, 7 “Perché non montassi in superbia mi è stata messa una spina nella carne” (tpfs*)

Con questa breve nota vogliamo inaugurare una serie di chiarificazioni che aiutino a comprendere alcuni brani biblici importanti che, ad una prima lettura, possono apparire difficili o addirittura incomprensibili. Essi, invece, grazie alla luce della grande Tradizione della Chiesa ed a quella degli studi recenti degli esegeti, si svelano nella ricchezza del loro sensi. Le brevi note appariranno con il medesimo titolo - “Brani di difficile interpretazione nella Bibbia” - seguito dal numero ordinale della pubblicazione on-line sul sito (I, II, III, ecc.), poi dai versetti e dal tema del brano in questione.
L'Areopago

Paolo parla della spina nella carne. 

E' un brano importante per capire l'apostolato di Paolo e come Paolo realizza la sua vocazione apostolica. E' in polemica con chi non lo considera un vero apostolo. Paolo dice: Mi costringete a dire delle cose che non vorrei dire! Se volete saper tutto ve lo dico! Io ho avuto 14 anni fa un contatto con la trascendenza; sono stato al terzo cielo, quasi faccia a faccia con Dio e lì ho avuto delle esperienze, che non posso poi esprimere con la stessa chiarezza e con la stessa vivezza con cui questa esperienza l'ho vissuta. E' possibile che delle esperienze profonde avute con Dio non si possano poi esprimere! Certe cose non le posso ripetere, però la mia predicazione si basa su questo faccia a faccia con Dio, su queste rivelazioni che ho avuto come dono diretto da Dio. Perché questo essere al terzo cielo non mi desse alla testa, perché non scambiassi questo dono puro di Dio con qualcosa di mio Dio mi ha mandato un contrappeso. Paolo parla di un angelo di satana che lo schiaffeggi, di una spina, di un fascio di spine conficcate nella carne - che mi fanno sentire tutta la mia debolezza.

Che cos'è questa metafora che Paolo usa “la spina nella carne”? Secondo tutti gli esegeti moderni - e fondatamente - non è una tentazione di sessualità, come ha interpretato S. Agostino e come a volte viene interpretato, specialmente sulla linea della Vulgata, che traduceva questa espressione: “una spinosità che punge la carne” (stimulus carnis meae), che fa pensare subito alla sessualità. Nel testo greco non c'è l'idea di stimolo. Ovviamente delle spine conficcate nella carne si fanno sentire, ma questo è un fatto che viene dopo; non è la spina stessa. Se la spina sta tranquillamente dove sta non è uno stimolo, diventa uno stimolo, quando la spina viene conficcata nella carne, quando si fa sentire… 

Cos'è questa spinosità nella carne? 

Da tutto l'insieme risulta che sono le difficoltà che Paolo trova nel suo apostolato. Difficoltà esterne: persecuzioni, fraintendimenti… e difficoltà interne, personali. Quasi certamente collegate con uno stato fisico che impediva l'apostolato che pure Dio gli chiedeva di fare. E quindi probabilmente era o una malattia o una debolezza di tipo fisico. E' quella situazione di conti che non tornano in questo senso: Paolo si sentiva inviato da Dio a portare il Vangelo, era guidato dallo Spirito anche nei suoi piani apostolici, faceva dei progetti apostolici e a un certo punto le circostanze esterne e poi le circostanze sue personali - la sua salute - non gli permettevano di realizzarli. I conti allora non gli tornavano! E allora reagisce secondo il suo carattere, pregando, pregando e pregando. Si rivolge al Signore e gli dice: Toglimi questa spina! Cioè: spianami la strada! Vuoi che faccia l'apostolo? Vuoi che annunci il Vangelo? Dammi la possibilità di annunciare il Vangelo! Non mi mettere questi blocchi sulla strada che tu vuoi che io percorra.

“Pregai e ad un certo punto mi disse” (non è una visione, ma una presa di coscienza che pian piano matura in Paolo); la risposta del Signore non è quella di spianargli la strada. Gli rimangono tutte le sue difficoltà; ma la risposta è questa: Ti basta il mio amore, la mia benevolenza! (più che la mia grazia). Non è: ti basta quella grazia corroborante che io ti do. Questa è un'interpretazione che rischia di quantizzare il rapporto: quella grazia che ti do, ti sarà sufficiente! Per Paolo il problema è più a monte. Gesù ti dice: io ti amo! Basta! Non ti preoccupare di altro! Quando Paolo riesce a capire questo, si è affidato all'assoluto dell'amore: voglio che tu sia apostolo! Ci sono queste difficoltà che ti impediscono di realizzare quei piani che io stesso ti ho fatto venire in mente! Va bene! C'è anche questo qua, come fare? Pensa a me, pensa al mio amore: l'assoluto è nel mio amore! Il mio amore che si manifesta nel mistero della morte e della risurrezione, nel mistero della debolezza e della forza di Dio. Una volta che Paolo riesce a capire questo… Ti basta di essere amato da me! Ti basta questo coinvolgimento nella debolezza e nella forza del mistero pasquale! Siamo insieme! Più debolezze ci sono e meglio è; non perché le debolezze siano simpatiche, ma perché Paolo vede nelle debolezze, malattie, difficoltà, quella partecipazione alla debolezza di Dio della crocifissione. E poi attraverso questo sa che connessa con questa c'è la risurrezione. Paolo ci dice: di fronte a qualunque difficoltà, la risposta che lui ritiene persuasiva nel suo apostolato è questo affidamento totale del suo apostolato a un Cristo, non solo che provvede, ma che ama e la sua provvidenza è frutto di quest'amore che per Paolo è un qualcosa di assoluto. Allora, quando Paolo si sente davvero così amato da Cristo, sa di essere accanto a lui, di essere nello stesso giro di Cristo, di poter completare nella sua carne quello che manca alla passione di Cristo, come dirà poi nella lettera ai Colossesi. Questo è un punto importante per capire la vocazione di Paolo, per capire la nostra vocazione, per capire ogni vocazione cristiana. Nella nostra vocazione Dio ci dice di farci tutto a tutti. Dobbiamo fare anche i nostri progetti; però il vero realizzatore del nostro apostolato, il vero attualizzatore di noi come dono agli altri nell'apostolato è sempre lui; è un segreto del suo amore verso di noi e verso gli altri. Allora Dio ci dice: lasciatemi fare! Fidatevi pienamente del mio amore! Fate tutto quello che potete, ma guardate a me, fidatevi pienamente del mio amore e io farò. Quando Paolo riesce a capire questo - c'ha messo del tempo! Pregai il Signore tre volte! Vuol dire: pregai il Signore a lungo, con intensità crescente, con tutte le mie forze - alla fine acquista luce.

(Dalla relazione “Dalla vocazione alla giustificazione” di P. Ugo Vanni tenuta al settore Sud della Diocesi di Roma il 20 febbraio 2003. Il testo non è stato rivisto dall'autore)


Vediamo di capire bene:

Il discorso soprastante è farraginoso e non dice nulla d'interessante se non parlare con vaghezza senza un punto cardine, ne dipanare realmente il problema, in sostanza non sono approdati a nulla, salvo il fatto di dire che S. Agostino ed altri si sbagliavano, però devo muovere un accusa a questi, in difesa di S. Agostino, dico questo se Agostino lo avete reso santo presumo che avesse una certa comunicazione con Dio, per cui penso che forse questa sua conclusione non fosse tanto campata per aria, e forse non è stata solo meditazione, non solo un ragionamento, ma forse derivata da qualche pensiero non suo. 

Ora però voglio vedere chi aveva ragione se Agostino o i recenti studiosi, oppure nessuno di loro. 


Vi spiego cosa tratta la lettera ai Corinzi:

CEI74: 2Corinzi 12,7-10

7 Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia. 8 A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l'allontanasse da me. 9 Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. 10 Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte.


Vediamo di capire alcune cose, prima di dire di cosa si tratta...


1."Perché non montassi in superbia"
2."Mi è stata messa un spina della carne"
3. "un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia".
4."l'allontanasse da me"
5. ""Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza»

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1."Perché non montassi in superbia"

Per capire di cosa si tratta bisogna capire bene cos'è la superbia. 

La superbia è un esagerata stima di se stessi, il sentirsi migliori degli altri saper di esserlo e mettere in difficoltà, gli altri mostrandosi il migliore per poter emergere ed essere apprezzato dagli altri, quindi applaudito ed osannato, manifestando un atteggiamento altezzoso e sprezzante. Ovviamente sappiamo bene che è uno dei sette peccati capitali. 

Evidentemente Paolo capisce che questo è il suo più grande male e comprende che quello che gli è stato dato, serve per ridurre la sua superbia al nulla, ridimensionarlo. Evidentemente si sente sicuramente più degli altri apostoli, oggettivamente parlando lo era, aveva studiato, filosofia, lettere, ecc, per cui conosceva molto bene il pensiero dei più grandi pensatori del tempo, e lui stesso era un pensatore stimato, per cui si sentiva sicuramente superiore agli altri apostoli, quindi capisce che Dio decide di abbassare il suo orgoglio, la sua superbia, il suo super-io, al fine di renderlo al pari degli altri, e come lo fa? 

Proprio agendo su questo peccato di superbia, visto che poteva rischiare di cadere in superbia. Il fatto che dica perché non montassi in superbia, fa capire che egli stesso si riconosce di essere tendenzialmente superbo, autoritario e tendenzialmente arrogante, cioè il primo della classe, quindi si riconosce di mancare di umiltà, questo lo comprendiamo da ciò che Dio gli da, come prova da superare. 

Dio lo fa perchè essendo un Padre premuroso vuole ottenere da questo figlio il meglio, rendendolo più umile possibile e anche più forte nella sofferenza, per cui avendo esso molto, in cultura ed intelligenza, lo vuole rendere meno in altro, e far apparire in se stesso un problema che lo rendeva debole agli occhi degli altri apostoli, in modo che fosse al loro pari.

Come si fa ad insegnare ad un figlio, la modestia e l'umiltà? 
Si toglie al figlio quello che ha, oppure gli si da qualcosa che lo renda invalido in modo da farlo sentire quasi uno storpio, qualcosa che lo deprima nel suo spirito e nella sua carne. 

Ma proprio la specifica della carne che ci fa capire di cosa si tratta!!!

2."Mi è stata messa un spina della carne"

"mi è stata messa"

mettere cioè porre, conficcare, aggiungere, collocare, inserire, immettere cioè dentro di lui.

una spina è intenso come un corpo estraneo, come un qualcosa che sta nella carne, ma non appartiene alla carne e che produce dolore come una spina, cioè una puntura, o come un coltello che taglia la carne, che la lacera, come per esempio un dolore pungente che agisce sulla carne del corpo, che penetra la carne, la spina ha la forma di una punta, come un chiodo, come un ago, qualcosa che pungola continuamente.

la carne, di quale parte del corpo sta parlando, della carne in senso generale, o in senso specifico, potrebbe essere inteso anche come carne, la mente non solo le viscere, i muscoli, o le ossa, questa carne ha un senso generale del termine, intendendo tutto il corpo.

3. "un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia".

questa parte è interessante, ci rivela che la spina nel fianco o nella carne, non è un oggetto reale, ma un qualcosa che lo tortura, continuamente, dice che viene posto, è stato messo, cioè collocato nelle sue membra, cioè nel suo interno, dell'intero suo corpo, non ha una collocazione precisa anche se parla di fianco, sta nella sua stessa persona, questo di cui parla non è un peccato, come credeva S. Agostino, ne quello che gli esegeti successivi pensano, ma un qualcosa di diverso. 


4."l'allontanasse da me"

chiede a Dio di allontanare da Lui questo qualcosa affinché lui possa essere tranquillo, e poter tranquillamente agire secondo la volontà di Dio, almeno secondo il suo pensare. 
ma il verbo "l'allontanasse da me" fa ben capire di cosa sta parlando. 


Quindi di cosa sta realmente parlando Paolo di Tarso?

Dio pone in S. Paolo la presenza di un demonio, che sta nella sua carne, che lo pungola da mattina a sera, che gli fa provare tutti i pensieri che passano nella sua mente, si comprende  che così è, perché dice una cosa,  vediamo il testo:

"Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. 10 Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte."

chi è che lo oltraggia? 
chi è che lo rende infermo?
chi è che lo rende debole nelle sue debolezze personali?
chi è che lo perseguita?
chi è che gli crea angoscia?

Non certo Cristo, ma un demone si!
Dio pone nella sua carne nel suo corpo in demone che lo schiaffeggia ogni volta che sale in superbia, ogni volta che commette peccato, ogni volta che ha delle debolezze che non dovrebbe avere, ogni volta viene oltraggiato, ma questo demone fa di più, è egli stesso che gli procura dolore, alla sua carne, ed è egli stesso che porta allo stremo, che lo getta nell'angoscia,  che lo perseguita, che oltraggia, che lo rende storpio, e che mormora peccati, che gli suggerisce qualsiasi cosa, pur di renderlo debole e schiavo anche delle carne. 
Quindi ecco il discorso il demone mi schiaffeggia quando sono arrogante, cioè quando cado nel peccato, quando sono superbo, ecc. 

C'è un parallelismo, S. Pio da Pietrelcina, quando non faceva la volontà di Cristo, veniva percosso dai demoni, questo serviva per reprimere il suo ego, per umiliarlo, e per fargli espiare la colpa di non aver ascoltato il Signore per paura del clero. 

Quindi la tortura che sta nella carne di Paolo è di tipo spirituale, uno spirito che lo tortura nella carne, nella mente, e cioè significa che poteva cadere in qualsiasi peccato, perché tutti i peccati portano alla superbia. 

Tutti i peccati sono una forma di superbia. 

Quindi non possiamo dire che S. Agostino  non avesse ragione, ne che avesse torto, e non si può dire che neppure i successori quelli che negano quanto esso dice, hanno torto o ragione, hanno ragione e torto tutti, Paolo aveva in se un demonio, questo è quello che aveva, questo è quello che Dio gli manda nella carne, cioè dentro il suo corpo. 

La richiesta assillante di Paolo di essere liberato da questo essere, lo fa capire proprio dal verbo usato, "l'allontanasse" si può leggere anche come lo allontanasse, cioè allontanasse da lui, il demone. 

In pratica S.Paolo era torturato nella sua carne cioè nel suo corpo che influiva anche nelle prostrazione della sua mente, che gli dava angoscia. Sicuramente i fratelli hanno tentanto di liberarlo, senza riuscirci è da qui si capisce la supplica di essere liberato, perché si sa, prima di rivolgersi a Dio si tenta di libere la persona mediante i mezzi che Cristo ti ha dato, se poi non ci riesci, chiedi la grazia a Dio.

Se non l'ottiene significa che è una volontà di Dio su di te che questo deve essere e rimanere per te, affinché per te sia una grazia.  

5. ""Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza»

il demonio lo rendeva debole, instabile malato, ecc, e gli conservava il peccato, lo torturava nei suoi peccati, al fine di ottenere da lui il meglio e Dio gli dice ti basta la mia grazia, perché anche la presenza di un entità demoniaca può essere un grazia, se letto nella giusta dimensione, il demonio lo rendeva debole, per cui Dio gli risponde nella debolezza tu avrai pienamente la mia manifestazione. Pare assurdo invece non è affatto così. 

"Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. 10 Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte."

E S. Paolo risponde che vuole ancora di più e si vanterà di essere perseguitato da uno di questi, perché se è mandato da Dio, per lui è un vanto, perché significa che su di lui vi è la benevolenza di Dio, anche se non capisce del tutto, perché la richiesta di essere liberato, fa capire che non comprende del tutto, il meccanismo.  Non solo, Paolo voleva addirittura di più, per avere su di se la potenza di Cristo. Certo questo è un atteggiamento sbagliato, perché bisogna accontentarsi di quello che Dio ti manda, non pretendere di più, è anche questo un atto di arroganza e questo modo di parlare dimostra che aveva degli eccessi in se. 

Quindi che fosse omosessuale non si sa, e non si può dire, anche se lo fosse stato, certamente il demonio che aveva in se lo avrà sicuramente perseguitato, in modo che esso non lo fosse. 

In pratica Dio voleva che paolo negasse i suoi stessi mali, e comprendesse e ricavasse dai suoi stessi peccati, infermità ecc, la parte migliore di se, ottenendo uno spirito veramente umile che è il fulcro della santità. 

Ci furono dei santi, nel corso della storia che erano presi dal maligno, per esempio la Santa Eustochio. 

Certo che un essere preso nel corpo da uno spirito maligno, chiunque fosse, se uno spirito carnale o uno spirito di altro genere, poco importa, ma bisogna anche capire quanto fosse in se o fuori di se. Qui le questioni sono difficili da dipanare quando c'è la presenza di uno spirito in se, nella propria carne, per quanto tempo rimase o entrava nella massima esaltazione di Dio e quanto non lo era? Non è facile capirlo, ma forse proprio i suoi scritti ce lo possono far capire. E quanto di quel che ha scritto è tutta parola di Dio o di chi era?

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Questa spiegazione ci fa capire alcuni curiosi passi delle lettere di Paolo, si spiegano sotto questa luce nuova molte cose dei suoi scritti, per esempio come poteva sapere che Giovanni in Apocalisse avrebbe scritto che un giorno un messaggero mandato da Dio avrebbe portato il vangelo eterno e da qui si comprende che forse quella parola definita da Paolo anatema forse era indotta non da Dio ma da qualcun altro.
Perché è più che certo che Gesù preferisse più di ogni altro Apostolo anche più di Pietro stesso, il giovane Giovanni, per cui certamente il messaggero celeste è verità, ma allora se l'angelo che viene dal Cielo è un angelo di Dio, vuoi che Dio comunichi a Paolo una parola contro se stesso? Ovviamente no, per cui si comprende bene che quella parola sull'anatema non appartiene a Dio, forse è dello stesso pensiero di Paolo traviato da un demone che lo tortura notte e giorno e che lo prostra, più o meno è la stessa cosa che accade a S. Agostino, il quale ebbe un rimprovero di Dio usando un angelo che venne per avvertirlo di fermarsi, perché quanto stava scrivendo non era opera di Dio, ma opera della sua mente, ecco in questo passo di S. Agostino si può ben leggere anche l'errore di S. Paolo, un atto di superbia, poi preso per vero dagli uomini di Chiesa. Per cui non si può dire che un messaggero di Dio cioè che viene dal Cielo che per altro è rappresentativo di una dimensione celestiale, come il Padre Celeste, può essere definito un demonio e considerato un anatema e rifiutato, rinnegato e cacciato come fosse falso. 

Quindi quanto dei testi di
S. Paolo sono parola di Dio? 
Nessuno lo può dire, oppure si potrebbe stabilirlo, solo che la chiesa non ha questo interesse, per alcune ragioni ed interessi. 

C'è anche da dire un altra cosa, quanto di una persona posseduta un prete prende in seriamente in considerazione?  Poco o nulla, per ovvie ragioni. Quindi!!


venerdì 15 novembre 2019

Il miracolo della Mula di S.Antonio!





Voglio spiegarvi come mai la Mula si è inginocchiò innanzi al Santissimo Sacramento.

Innanzi tutto come si legge dall'articolo https://www.santantonio.org/it/content/la-mula , la Mula, si inginocchia solo dopo che la S.Antonio da Padova, pronunciò questa frase:

«In virtù e in nome del Creatore, che io, per quanto ne sia indegno, tengo veramente tra le mani, ti dico, o animale, e ti ordino di avvicinarti prontamente con umiltà e di prestargli la dovuta venerazione».

Che in pratica invitava l'animale a sottostare alla potenza di Dio. 

Ma c'è un dato di fatto che s'ignora, per capire ciò bisogna tornare al tempo di Gesù, quando Cristo chiese ai suoi apostoli chi egli, secondo loro e fosse, cosa rispose Pietro? 

Matteo 16,15-17

" 15 Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». 16 Rispose Simone di Giovanni, poi detto Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». 17 E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli."

Gesù precisò dicendo, che quello che Lui disse non veniva da Pietro, ma fu un suggerimento del Padre Celeste, perchè Pietro non sapeva che Gesù era il Figlio di Dio, per cui Dio glielo suggerì e lo indusse a dirlo, perchè ne dasse testimonianza.

Ora il fatto della Mula è la stessa cosa, l'animale non sa nulla della Santità di Antonio, ne tanto meno della sacralità del Santissimo Sacramento, è un animale, per tanto Dio fa in modo che questo animale, percepisca la presenza dello Spirito Santo nel'Ostia consacrata e fa in modo che l'anima s'inginocchi. Se fosse stato solo per l'animale, non si sarebbe inginocchiato, questo significa che le cose avvengono solo per diretto volere di Dio, gli animali, non hanno coscienza della divinità, ne sanno, cosa sia  la fede; anche se, percepiscono i vari generi di spiriti sia positivi che negativi, ma non sono in grado di ponderare, perchè gli manca la coscienza e la conoscenza, per quanto siano essere puri, senza peccato.  Quindi la mula si è inginocchiata solo per volontà di Dio e non propria.



mercoledì 25 settembre 2019

La parabola del Donare!




Ho posto agli amici di facebook una domanda, chiedendo loro in quanti modi si può attuare la parabola che Gesù ci racconta per farci capire una sua volontà o meglio dire un atteggiamento che tutti i cristiani o anche gli esseri umani dovrebbero avere. Ovviamente tutti gli amici ne hanno dato il senso che più si evidenzia dalla parabola stessa, ma questa ha anche un altro senso celato.

" Mc12,42 "Venuta una povera vedova, vi mise due spiccioli che fanno un quarto di soldo. 43 Gesù, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico che questa povera vedova ha messo nella cassa delle offerte più di tutti gli altri: 44 poiché tutti vi hanno gettato del loro superfluo, ma lei, nella sua povertà, vi ha messo tutto ciò che possedeva, tutto quanto aveva per vivere»."

Vediamo di capire cosa essa nasconde oltre a quello che si evince con facilità, in tanto prima di tutto, spieghiamo un attimo il senso, in breve il racconto di Gesù serve per far capire a chi legge e chi ascolta che la cosa più importante , che indipendentemente da quanto o quello che un essere umano possiede deve corrispondere a Dio tutto quello che Egli stesso ha, in sintesi è questo il concetto, ma per quale ragione noi dovremo far ciò, per motivo molto semplice, siamo stati generati e creati da Dio per cui ovviamente come figli di Dio, siamo "obbligati" liberamente a corrispondere con quello che abbiamo di nostro che sia poco o tanto, non ha importanza, ma il dare tutto il nostro a Dio corrisponde ad un atto non solo di accettazione di Dio, ma sopratutto di riconoscenza dell'essere figli di Dio, dimostriamo a Dio tutto il nostro amore, per Lui. 

Però questo discorso ha anche un altra applicazione, se noi siamo disposti a donar tutto il nostro al Signore dovremo essere disposti ad offrire al Signore sempre il meglio di noi, faccio un esempio pratico, tra i tanti, se sono un artista e voglio omaggiare il Signore con quanto realizzo, che può essere una scultura, un quadro, un brano musicale, etc, qualsiasi cosa, in qualsiasi ambito, però lo devo fare al massimo di quello che sono realmente capace di fare, dando fondo ad ogni mia possibilità anche economica pur di raggiunge un obbiettivo, di donar al Signore il mio meglio; allora tale atto è visto da Dio è esattamente come l'offerta della vedova. 

Molte persone che donano sculture, fanno quadri o altro, non sempre, dire raramente sono graditi a Dio di quanto hanno realizzato, perchè quello che hanno fatto non era il loro meglio, non dava fondo a tutte le loro sostanze, ecco che la parabola ha anche un altra spiegazione, che rimane sempre dentro allo stesso concetto ma diventa più ampio. 

Gran parte delle parole che Gesù usa per insegnare a noi la sua volontà, hanno un applicazione molto maggiore di quella che vi è scritta, oltre ad avere anche ulteriori segreti celati.

Questa è la parabola del Dare,  darsi o donare, donarsi, dell'offrire, del glorificare, etc.

L'atto di donare a Dio tutto di tuo, per amore verso il Signore, solo chi ama veramente Dio, riesce a comprendere le ragioni di tale atto che superano i nostri pensieri materiali umani. 

Dio gradisce questi atti, perchè dimostrano a Lui, la nostra umiltà, la nostra sottomissione, e quindi riconoscenza della sua maestà e divinità, non solo della capacità di rinunciare ad un bene necessario, non superfluo.  Come per dire noi non valiamo nulla al suo cospetto, quello che vale è Lui ed effettivamente è così. 

Dio non se ne fa nulla di chi da il soldino al povero, quando poi ne spende mille per i capricci, ma tutto dipende unicamente dalla nostra personale sensibilità e dal nostro sentire il peso della fede. 

In definitiva la parabola parla del donare e del dare qualsiasi cosa, non solo denaro.
Gesù ha donato a noi la cosa più preziosa che aveva, la sua Vita.
Quindi anche Dio sa donarsi a noi è su questo modello che si basa la misericordia.
Il Padre Celeste ha donato a noi la vita, si aspetta che noi facciamo la stessa cosa, se ne siamo capaci.

domenica 18 agosto 2019

NON NOMINARE INVANO IL NOME DI DIO





Nell'A.T. è costellato di 6828 volte la parola Dio.

In origine non esisteva la Bibbia cattolica ne cristiana, perché in origine la bibbia era in realtà un composizione di tanti libri esclusivamente ebraici, dai quali appunto è nato un unico testo, che è appunto la Bibbia ebraica la vera capostipite; dalla quale la Chiesa ha elaborato la sua Bibbia Cristiano-Cattolica. Cosa c'è di diverso dalla bibbia Ebraica, semplicemente che la chiesa ha rimosso tutti i Nomi propri di Dio, sostituendoli con la parola Dio. Come ho già scritto è stato un grande errore, perché si è snaturato il vero senso del testo e il vero significato di ogni singola parte. Forse se ci pensiamo bene da un certo punto di vista hanno voluto evitare agli esseri umani questo peccato, perché conoscendo l'essere umano, cioè conoscendo se stessi, la tendenza ad usare impropriamente quei Nomi sarebbe stata molto elevata, per cui hanno tolto e aggiunto un termine non contenuto direttamente nel testo Sacro Ebraico, perché nella Bibbia Ebraica il termine Dio non c'è, anche se come ho già spiegato in altro articolo la parola EL potrebbe significare anche Dio, come anche un articolo ”il, gli, egli” quindi da un certo punto di vista la chiesa era tutta preoccupata perché l'essere umano non pronunciasse invanamente quei nomi sacri, per cui ha sostituito quei Nomi con il termine Dio. Secondo me la Chiesa ha sbagliato, perché se vi erano quei Nomi, vi era la sua motivazione, ma l'uomo pensa sempre con la sua misera mente di sapere di più dell'Eterno.



Il termine Invano?
Secondo la terminologia corrente del nostro tempo, significa parlare in modo inutile, senza una vera utilità, senza motivo, senza senso, in modo vuoto, vacuo, a sproposito, ma sopratutto non positivo, senza una motivazione logica, del perchè si usa il termine Dio o i suoi sacri Nomi.

Ma andiamo al comandamento.

"Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio perché il Signore non ritiene innocente chi pronuncia il suo nome invano."

È assolutamente vero che l'essere umano abusa della Parola Dio come anche Signore che per altro bisogna in questo caso specificare, che la parola Signore non andrebbe mai usata, perché in Ebraico significa Adonaj, ed è riferita unicamente a Dio stesso o a Suo Figlio Gesù, invece nel nostro tempo è stra-usata.

Riprendendo il senso della parola Invano, dobbiamo specificate cosa s'intende nel contesto della comandamento il quale dice:non pronunciare invano o (invanamente) il nome del Signore tuo Dio”

Ora riferendosi al significato della parola invano, si capisce che il pronunciare è riferito unicamente a non dare una connotazione negativa al pensiero che precede o segue il termine Dio o Signore o suoi Nomi specifici, cioè non abbinare al NOME qualcosa di falso o di fasullo, in questo bisogna anche dire non giurare il falso in suo Nome, è la stessa cosa, facendo credere che Dio, avrebbe detto cose non vere o che non appartengano ad esso, o che siano uscite dalla Sua bocca realmente, questo è il senso del comandamento cioè non chiamate Dio a testimone per cose vane, fasulle o false, quindi negative.


C'è un esempio lampante che posso portavi, quando il veggente Ivan di Medjugorie disse che Dio gli avrebbe detto che lui non è contro la ricchezza, e quindi loro possono accumulare soldi, questo è fare quel peccato! Oltretutto questo pensiero è da loro divulgato a tutto il popolo per cui il peccato è anche divulgato di proposito, quindi pensate quanti peccati hanno questi personaggi sulla loro coscienza. Ivan dicendo il falso, ha cambiato il comando di Cristo! Così la pensano tutti i 6 veggenti di Medj. Come sia possibile che la Madre di Dio, appaia a costoro qualcuno me lo deve spiegare! Sarà mai che Dio ha cambiato la sua legge per un manipolo di 6 truffatori!!! Ma certo che no!


Ora se devo fare un certo discorso nel quale sono obbligato a dire la parola Dio, è un discorso; perché in questo caso non è usato il termine Dio in maniera impropria, ma ha un suo senso, perché è riferito all'interno di un ragionamento positivo o negativo che sia, cioè ha un senso logico, non è a sproposito, non è senza senso, senza utilità; mentre l'utilità c'è, altrimenti diventa impossibile farsi capire di chi, stiamo parlando.


Il comandamento comunque esprime anche il concetto di non aggiungere ai nomi Sacri di Dio altre parole che siano di natura offensiva quindi sempre negativa, per cui diventano vere e proprie bestemmie, mentre il non pronunciare troppo spesso i Nomi di Dio o il termine Dio, che va in sostituzione ad Essi, o anche il termine Signore, non è fare bestemmia è diverso ma certamente non va fatto troppo spesso, invece nella nostra società c'è l'abitudine di pronunciare senza motivo alcuno, la parola Dio o Signore.


Quindi si è capito che il comando riguarda sopratutto quando si usa i Nomi riferiti alla persona di Dio, in modo non corretto, non giusto, non positivo, ma anche falso, testimoniando o giurando il falso, sul  Suo buon Nome. Per questo non bisogna mai giurare su Dio nulla, perché è meglio, anche se magari alle volte siamo certi che quanto affermiamo sia almeno per noi la verità e quindi potremo anche rischiare, ma è meglio non farlo, perché non conosciamo tutto.


La Bibbia come libro Sacro descrive in senso positivo le vicende e le parole, i comandi di quanto Dio ha fatto per l'essere umano, per il popolo d'Israele, per per tutto il Creato. Certo nel testo c'è anche una parte sostanziosa di storia del popolo Ebraico e dei popoli vicini, innestati sempre con la presenza di Dio. I Nomi di Dio abbondano nel testo stesso, anche se nel testo Ebraico ci sono parti che descrivono alcune cose che secondo il nostro pensare potrebbero aver una connotazione negativa, ma secondo il pensare di Dio no, e ovviamente quello che conta, è quello che dice Dio, non noi! Perché indubbiamente è Lui che ha creato la legge ed è a Lui che noi dobbiamo ubbidienza, se gli crediamo.


Riassumendo, in un discorso si può citare la parola Dio, sempre che questa sia finalizzata ad ottenere un utile parola che insegni qualcosa di positivo o che trasmetta la parola stessa di Dio, non si fa peccato. Non si fa peccato anche quando dobbiamo far capire un certo ragionamento, perché altrimenti non si sa a chi sia riferito, ci deve essere il soggetto, certo magari usando una qualche espressione che sostituisce il termine Dio o Signore, ma dato che poi il pensiero va sempre Lui, è quasi inutile aggiungere parole che nascondono la vera parola, tanto vale dirla, ma con moderazione.


Se vogliamo in una frase dire “Il buon Dio,..."si può dire, perché stiamo glorificando Dio. Quindi gli aggettivi positivi che precedono o che posticipano il nome di Dio, sono graditi a Dio, non c'è peccato. Se oltre al termine Dio buono, ci aggiungi una parolaccia questo è un peccato gravissimo, perchè insulti non solo Dio come persona, ma anche la sua Bontà. 
State attenti che l'inferno è assicurato, se non c'è pentimento. 


Se invece i nomi di Dio vengono usati a sproposito o usati per giurare il falso, o imprecare o in modo negativo si fa peccato anche grave/issimo, se è una bestemmia è uguale.
Anche il dar la colpa a Dio, di qualcosa che noi abbiamo deciso o fatto o che crediamo sia stato Dio o anche il maligno è far peccato gravissimo contro lo Spirito Santo!


Noi invanamente facciamo tante cose, ma finché facciamo le cose, così inutilmente non ha importanza, quello che invece ha importanza di non far peccato contro Dio.











giovedì 6 giugno 2019

Paolo di Tarso afferma che Gesù non è Dio!

Gli errori di Paolo di Tarso.


Bibbia di Gerusalemme Cei-74 

Romani 8: "Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene." qui Paolo fa capire che egli non sapeva chi fosse lo Spirito di Cristo, lo si comprende chiaramente, perchè parla dello Spirito di Cristo, quando se avesse saputo chi era, avrebbe detto che era lo stesso Padre Celeste, non vi era motivo far un giro immenso di parole per non dire direttamente che era il Padre Celeste, significa che tante parole servono solo per nascondere che egli non sapeva chi fosse.


"E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione"


Frase totalmente illogica,

Paolo dice che :

 "Se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato" Affermazione illogica.

Se Cristo è in me, non può essere in me il peccato, ne la morte, ovvio perchè se Cristo è la vita, non può esserci ne morte, ne peccato.

Per cui dire che se Cristo è in me, indica che attribuisce a Cristo la causa del peccato.


Secondo Paolo la presenza di Cristo nell'uomo non è fonte di grazia, non è fonte di benedizione, è assolutamente folle.




Se Cristo è in me, come in voi, il nostro corpo è vivo e vive nella Luce di Dio, non può essere morto e non può essere nel peccato, ne può morire a causa del peccato!


"ma lo spirito è vita a causa della giustificazionefrase molto anomala.

Ammette che lo Spirito è vita, però lo è a causa delle giustificazione?

Cos'è la giustificazione ,è il giustificare di un atto non corretto e il legittimare di un comportamento spesso scorretto.

Quindi Paolo afferma che un atto o comportamento non corretto proveniente dallo spirito di vita? Non vorrei dire ma questa è una bestemmia. 


Romani 8,11"E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi."

Questa affermazione di Paolo di Tarso preclude che Cristo non è un Dio.
Lo dice chiaramente la frase stessa, Cristo per risorgere secondo Paolo, aveva bisogno dello Spirito di colui che abitava in Lui, cioè il Padre Eterno; questo significa che Cristo non è Dio ma solo un uomo incapace di risorgere senza lo Spirito di Dio, lo dice la stessa frase.

Non solo farebbe anche capire che lo stesso spirito che abita tutti gli uomini abitò quello di Cristo, come dire che l'anima sia in grado di suo, di far risorgere un morto, quasi senza altro spirito.

"Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti"

Intanto come ho sempre detto Paolo di Tarso ipotizza, non conosce la verità, perchè usa la parola SE, che è una forma dubitativa, il se, indica che il soggetto Paolo di Tarso non sta colloquiando con Dio, che non usa i Se o i ma o i forse, se non quando, serve per fare un certo discorso, ma Paolo di Tarso usa le forme dubitative in modo abbondante e continuativo, tipico di chi ragiona con la sua mente. Lo Spirito del Signore usa pensieri e parole diretti in forma di comando, in questo caso Paolo sta pensando con la sua mente ponendosi come fa in tutti i testi da esso scritti, dei dubbi e pone delle ipotesi come pensieri veri, quasi provenienti da Dio stesso, quando si comprende molto bene provenire da se stesso, suoi pensieri, spesso dubbi, proprio mediante l'uso massiccio di pronomi, congiunzioni, avverbi di dubbio,etc. In pratica Paolo dubito, e pone il dubbio come una certezza affermativa.

Se io inizio un discorso con l'uso di un Se o di un ma, o di un forse, etc, pongo già il mio pensare con un dubbio, ma il problema è che lo Spirito Santo non ha dubbi in sé, Se li avesse non sarebbe santo, ne perfetto, per cui il suggeritore di Paolo di Tarso non è Dio. 

Più probabile che venga dalla sua stessa mente, l'assurdità è che l'uomo di chiesa ha accettato come vera parola tutto quello che quest'uomo ha detto, aldilà se è vero o meno il suo vissuto, che personalmente non mi interessa, la bontà delle parole di un soggetto già ne evince la sua natura e non servono le sue prodezze o azioni per capirne l'autenticità o meno e il suo parlare che parla per lui.


"Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti"

"se lo spirito di colui , " Come dire se è vero che lo spirito di colui = Dio
"che ha resuscitato Gesù dai morti" frase chiarissima che intende dire che Gesù è stato resuscitato, non è risorto di suo, per tanto non poteva risorgere senza questo spirito, ne fa di Gesù non un Dio, ma un uomo come tutti noi, ci siamo ? E' chiaro e lampante il discorso di Paolo. Non sta dicendo che Gesù è Dio o un Dio e sta invece negando che Gesù può essere figlio di Dio, cioè un Dio, perchè dire "che lo spirito di colui che ha resuscitato Gesù" indica proprio che egli nega che Gesù è un Dio e quindi che è figlio di Dio, come ovvia conseguenza logica, incapace di poter risorgere se stesso, senza l'entità o spirito del Padre o dello Spirito Santo. 

"abita in voi," cioè se lo stesso spirito abita in tutti noi, questo dice la frase.

colui che ha risuscitato Cristo " colui è sempre Dio.

Ribadisce che Gesù è stato risorto per volontà di Dio, non per suo potere personale, come se Cristo non era in grado di risorgere da solo, preclude che Cristo non è figlio di Dio, negare che Cristo possa essere risorto da solo, senza l'ausilio del Padre, ne fa un, non Dio, ma solo un uomo.

"darà la vita anche ai vostri corpi mortali" intende dire che è Dio, a ridare la vita ai corpi mortali, cioè a farli rinascere.

"per mezzo del suo Spirito che abita in voi." ammette che lo Spirito di Dio abita in ogni uomo, e che noi chiamiamo anima.

Ma la cosa più sconvolgente di questa frase è che Paolo ammette che Gesù non è figlio di Dio e che non è un Dio, ma lo paragona ad un qualsiasi essere umano, perchè l'ultima parte della stessa lo fa ben capire. 


17 "E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria."

Ribatte ancora che Cristo non è Dio, "coeredi di Cristo," Paolo non riconosce in realtà in Cristo il suo Dio, ne il figlio di Dio, ne l'erede diretto di Dio. 

Il coerede è colui che partecipa all'eredità non direttamente ma per una quota, mentre l'erede è colui che prende tutta l'eredità. 

Ha una visione completamente in opposizione a Gesù come figlio di Dio. 
Temo che realmente Paolo avesse uno spirito che lo torturava nella carne, come ho già scritto, perchè una parte dei suoi scritti sono condivisibili, ma frammisto a questi ci sono discorsi che non sono affatto ispirati dallo Spirito Santo, ma hanno una natura completamente opposta. 


Importante!

Ho sempre scritto che personalmente divido i testi che Dio da me, da quelli che non sono dati da Dio a me, apponendo al testo il termine Messaggio, per far capire che il testo viene da Dio, mentre dove non vi è scritto"MESSAGGIO" sono io che scrivo e quindi da prendere con le pinze, non farò mai come facevano i profeti di un tempo che mescolavano i loro pensieri ai testi ricevuti da Dio , per cui tutto diveniva di Dio, anche le eresie, poi insegnate anche attualmente dalla chiesa ai successori."Bisogna anche dire che data l'istruzione che ricevetti da Dio fin da bambino, è indubbio che alle volte faccio uso di essa, però posso sempre errare, non sono Dio!